La musica popolare del Lazio è più affine, fra le
regioni limitrofe, a quella della Toscana, che a quella della
Campania, questo sia per i comuni contatti con l'antico territorio etrusco, sia per l'affinità del paesaggio del Lazio con quello della Maremma Toscana.
I loro canti hanno lo stesso carattere grave e melanconico di
quelli delle regioni desertiche e pianeggianti. Il canto popolare del Lazio appare, nelle sue espressioni più genuine, influenzato dal gregoriano: in questo è da vedere la sopravvivenza dell'arte greco-romana.
Una delle espressioni più tradizionali del canto popolare in genere è costituita dalla ninna nanna, essa è molto presente nei canti romaneschi delle cui nenie con le quali le antiche madri romane addormentavano i figliuoli ci sono rimaste espressioni tipo "lalla, lalla, lalla, aut dormi aut lacta". La forma più diffusa del canto popolare romanesco è costituita dallo stornello o ritornello, simile a quello toscano, e chiamato così perché nel canto si ripete il primo verso. Esso si distingue in stornello "col fiore" e "senza fiore".
Gli stornelli romaneschi presentano di solito una canzone piuttosto uniforme. Tra essi le "canzoni a intenne " rivelano il carattere fiero dell'antico popolo del Lazio, presso il quale ricorrenti erano le canzoni d'improperi e d'infamia.
Esiste anche un tipo di stornello rustico e gioioso.
Tra le danze va ricordato il saltarello: è una danza sviluppatasi sopratutto nel Centro Italia, Lazio e Abruzzo in primis, con una prima forma nata a Roma. Fino al secolo scorso era accompagnato dalla cornamusa e dal tamburello, oggi per lo più dalla fisarmonica ma il carattere ed il ritmo sono rimasti tuttora immutati in tutta la campagna romana.
Il saltarello è un'ampia famiglia di balli tradizionali di alcune regioni dell'Italia centrale (Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria e Molise). Solo poche aree però conservano oggi una tradizione viva ed autentica del ballo. Dagli anni '50 l'emigrazione, l'arrivo di nuove mode di ballo e il mutamento generale dei modelli di vita hanno rarefatto la pratica del vecchio saltarello.
La maggior parte dei repertori consiste in balli di coppia (non necessariamente uomo-donna), ma esistono forme più rare a quattro persone, in cerchio e processionali. Sul piano della struttura coreografica si ritrovano forme antiche mono-strutturate, ma il modello più ricorrente è quello a struttura bipartita o tripartita.
Un discorso a parte merita un particolare tipo di danza tradizionale in forma di contraddanza detta anche saltarello ed attestata sul versante adriatico di alcune regioni (Emilia e Romagna, Marche, Toscana e Veneto). Nonostante il nome (che si associa a quello di ballinsei e russiano), sembra piuttosto appartenere alla famiglia delle gighe dell'Italia centro-settentrionale, poiché si balla in sei (3+3) a schiere contrapposte.
[Tratto da
www.taranta.it
Per approfondimenti consultare la sezione dedicata al
Saltarello]
Morfologia del Saltarello
In ambito popolare attuale il
saltarello ha molte affinità con la
tarantella dell'Italia meridionale, entrambe sono delle ampie e diversificate famiglie coreutiche, nelle quali modelli aventi lo stesso nome sono spesso morfologicamente differenti. Ambedue queste famiglie coreutiche presentano generalmente una struttura tipologica, sia musicale che coreutica, modulare: nell'esecuzione musicale piccole cellule melodiche vengono organizzate autonomamente in sintonia fra i suonatori, così come in quella coreutica i ballerini eseguono in stretta relazione fra loro i moduli cinetici tradizionali variamente organizzati. Suonatori e ballerini compongono cioè con relativa soggettività la durata e l'ordine del fraseggio coreo-melodico, cercando solo una corrispondenza ritmica fra danza e musica, ed una corrispondenza tematica nella danza".
[Tratto dal libretto che accompagna il compact disc "
La saltarella dell'Alta Sabina" (a cura di G. M. Gala), collana "Ethnica", Firenze, ed. Taranta, 1993].